Capitolo primo.

Uno sguardo sul mondo.

La famiglia è vita. (Non hanno vino)

Giulia, sposata e laureata è senza lavoro, non pensa che la fede possa aiutarla, perde il suo tempo alla televisione,  il marito non la comprende e pensa che non faccia nulla per cercarsi il lavoro.
Il nostro tempo è di rapide trasformazioni in tutti i settori. Questo ritmo frenetico, provoca l’individuo a camminare da solo. Questa società si presenta così come una società di uomini soli, incapaci di prendersi cura dell’altro perché troppo impegnativo e rischioso.
C’è una grande solitudine e una forte incapacità ci comunicare che spesso determinano scelte e modalità di vita. Mentre il cammino dell’umanità si basa sul principio della relazione, tanto che si perde di vista il senso dell’essere uomini.
Già fin dal principio Dio avvertì la solitudine di Adamo, sua creatura e il suo anelare ad una comunione, ad una reciprocità: “non è bene che l’uomo sia solo” (Gen. 2,18).
La storia umana è quindi storia di relazionalità, cioè di un io e un tu, che si cercano e sono appagati soltanto nell’incontro. Così Dio non è solitudine, è comunione in se stesso nelle Tre persone divine, altrimenti non avrebbe creato ogni cosa come realtà di comunione.
L’uomo in questo caso ne è il segno, la parola e il corpo.
Oggi spesso il dialogo è ingabbiato nel nostro individualismo e nelle paure che ne derivano. Ma dialogare significa: “uscire da un’identità chiusa, liberare Dio dalla nostra prigionia e riconoscere l’altro come portatore di valori”.
Nella storia dell’umanità è sempre esistita l’alternanza tra comunione ed individualismo, oggi però il raggiungimento della felicità è orientata verso la direzione solipsistica.
Anche la famiglia e il matrimonio cristiano in questo tempo stanno attraversando un tempo risentendo di queste temperie culturali. Sempre più frequente sentiamo l’atteggiamento denigratorio verso queste istituzioni e anche il loro legame con Dio che appare troppo ingombrante davanti ad una umanità ormai indipendente e cresciuta.
Non possiamo accettare passivamente che continui a diffondersi questa versione culturale. Dobbiamo certamente leggere la crisi in atto, nella sua natura di opportunità, pensandola come uno stato fisiologico della trasformazione in una realtà che cambia. Certamente i valori umani e cristiani, rimangono fermi, possono cambiare solo lo modalità di vita della famiglia con altri nuovi valori. La famiglia non può più vivere solo negli spazi ristretti della sfera privata, così soffocheremo la natura che nasce, si sviluppa e matura da una solida relazione d’amore, attraverso lo stesso amore, per moltiplicare l’amore.
L’amore quale dono divino partecipato agli omini, ha infiniti modi d’esprimersi.
L’uomo e la donna che liberamente decidono di vivere in matrimonio per costituire la famiglia partecipano pienamente al progetto salifico di Dio.
Cristo con il suo sacrificio a ricostruito il piano della creazione sconvolto dal peccato umano, ha riconsacrato l’amore umano, così il sentimento d’amore per il fratello è divenuto Il – segno autentico – di appartenenza a Dio. Così ogni uomo in Cristo
si è riconosciuto figlio di Dio, capace di riversare questo amore verso ogni creatura.
Così i coniugi nella famiglia, sorta dall’amore, vivendo d’amore, sono in grado di donare ed educare all’amore. Ogni uomo che sceglie di vivere il proprio matrimonio alla luce di Cristo, che è garanzia di amore, tramite il Sacramento, rende la piccola comunità sempre più ricca, perché fortificata dalla stessa fede. Così la famiglia naturale e la famiglia spirituale, diventano espressione di un’unica realtà, che è espressione di quella più misteriosa ed infinita di Dio. Vivere la vocazione al matrimonio significa imparare ad amarsi senza riserve, senza inutili pretese, con grande rispetto e sforzo reciproco di comprensione.
Questo amore che può far emergere la bellezza della famiglia, come fonte di vita, grazie alla quale la speranza può ancora trovare il clima giusto tanto da poter ancora riempire le giare di vino nuovo e buono.


Capitolo secondo. (Oggi devo fermarmi a casa tua).
La famiglia tessuto quotidiano. Pag. 43


Sappiamo quanto sia difficile uscire dalla propria intimità famigliare per aprirsi ad accogliere le necessità del mondo, ma ci si affida al Signore, la famiglia è soprattutto – sacramento di fraternità – e testimonia al mondo il dono delle relazioni gratuite e della – fecondità allargata -. Questa fertilità risponde alla benedizione biblica: siate fecondi, non nel senso di moltiplicatevi, (riferito a generazione di nuove creature), ma come invito a – generare l’immagine dell’amore trinitario -.
 La famiglia – ospitale -.
Quando la famiglia è animata dallo spirito del Vangelo diventa una famiglia ospitale, una realtà d’amore che apre la porta della propria casa, ai bisogni del prossimo, come le adozioni o gli affido.
La famiglia che ama Dio, diventa misericordiosa e capace di offrire aiuto. Provare compassione?
Occorre adottare lo sguardo di Dio per saper leggere le necessità altrui, senza pregiudizi che impediscono di farsi carico dell’altro.
Vuol anche dire saper accettare e affrontare fatica, sudore e altre difficoltà che ne possano derivare. Qui la famiglia non si limita a qualche sporadico gesto di solidarietà, ma nel rispetto delle esigenze di ogni componente, cambia tempi e modi di vita per offrirsi con continuità, in questo modo potrebbe farsi carico di molti poveri, senza ignorarli.
Zaccheo ci insegna il coraggio di salire sull’albero per tentare di vedere – conoscere Gesù, a molti altri invece manca questo coraggio, non tutti si sentono coraggiosi nell’affrontare lo sguardo indagatore della folla, per uscire da difficili situazioni. La società odierna ha smesso di guardarsi dentro, e anche di guardare l’altro, specie se è
diverso, come un fratello in Dio.
Dio quando si rivela a Mosè, decide di togliersi il velo della Sua divinità per rispondere alla disperazione dei suoi figli – “Ho visto l’umiliazione del mio popolo, ho ascoltato il suo gemito, ho conosciuto i suoi dolori”. Tre verbi fondamentali per ben operare: vedere ascoltare conoscere.
E’ detta qui la compassione di Dio che vede, guarda l’uomo, la sua creatura. Così Dio ascolta, ciò che vede lo interpella, gli parla;
guardando chi soffre, Dio conosce il suo lamento. Così continua: “Sono sceso… E’ questa la scelta amorevole di Dio verso colui che soffre per potergli dare sostegno e vicinanza. La compassione è un sentimento che impone una scelta, perché accostarsi all’altro porta il rischio di rimanerne coinvolti, come in amore, accogliendo l’altro, accetto di rischiare qualcosa di mio. Decisione fondamentale nel cammino
dell’uomo, perché di fronte alla sofferenza altrui, siamo chiamati a combattere la sfiducia di non poter fare nulla di buono.
Ci si deve indignare davanti alla povertà altrui, la compassione ci chiede di combattere il male con chi soffre, anche se poi non riusciamo a vincerlo e dobbiamo trovare la forza di gridare la propria indignazione per l’indifferenza nei confronti di tanti poveri abbandonati.
Quali gli ostacoli? La fretta. La paura. L’alibi.
La Fretta - I nostri impegni sono così tanti che non abbiamo il tempo da pensare ai problemi degli altri.    La Paura - Ci sentiamo fragili nell’affrontare l’ignoto, siamo timorosi di perdere le nostre sicurezze. L’Alibi - Diciamo spesso che non tocca a noi farsi carico delle altrui difficoltà, ma allo Stato ecc. L’evangelista Luca presenta la Confessione pubblica di Zaccheo davanti a Gesù e a tutta quella folla presente alla cena. Per tutti i misfatti commessi si obbliga alla restituzione in misura anche abbondante, qui Gesù lo nobilita per la sua professione disprezzata.
Nel Vangelo di Matteo (18,15-18) si parla della correzione fraterna.
Nei vari passaggi notiamo come se il peccatore non ascolta chi lo corregge, venga escluso dalla comunità come un pubblicano. Ma non un’esclusione definita, ma come un gesto di riguardo, Gesù infatti non usa la ideologia dello scarto, anche perché tra i Dodici c’è Matteo, un pubblicano, che compie lo stesso gesto di Zaccheo, è lui infatti che dà l’opportunità al Maestro di dichiarare: “il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”.
Coloro che si lasciano salvare da Cristo, sono liberati dal peccato, dal vuoto interiore e dall’isolamento. Chi si chiude nei propri interessi non ha più spazio per altri. Con Cristo  rinasce continuamente alla gioia. Dio non si stanca mai di perdonare. E’ Lui che ci ha invitato a perdonare settanta volte sette, Lui perdona settanta volte sette, cioè sempre.
Zaccheo è un cieco che vede Gesù passare di là. Capo dei pubblicani e ricco, piccolo di statura. Gesù: Oggi devo fermarmi a casa tua.


Capitolo terzo. (Era molto avanzata in età).
La famiglia è cammino di relazioni. Pag. 71


Una donna di cento anni ringrazia il Signore per il bene che ha potuto donare e per il bene che riceve nella sua famiglia, e consiglia ai giovani di avere attenzione per la vita e nella vita, di avere la mente aperta. La sua vita la passata lavorando e andando a servizio di casa in casa e di paese in paese, per far studiare le figlie. Ed è
contenta di vivere con la famiglia spoata come in una famiglia allargata, è veramente un grande dono per un anziano sentirsi amato.
I sociologi dicono che la nostra società è “vecchia”, a differenza di altre zone del mondo. Si è allungata la vita, ma non c’è stato un aumento della natività.
Questa situazione è ora sotto osservazione, sebbene ci siano dei miglioramenti nella considerazione dell’anziano nella società, rimane tuttavia un pensiero superficiale su questa fase dell’esistenza umana.
La mentalità odierna concepisce l’anzianità ome una categoria di secondaria importanza, perché non più produttiva per questo mondo che chiede sempre nuovi requisiti. In controtendenza a questo si diffonde un nuovo sentimento che conduce ad una nuova considerazione del valore del passato. Cambia lo sguardo, l’interesse si interroga, il cuore con cui lo si segue. La nostra società ha bisogno dell’anziano, questa è la nuova consapevolezza, senza di lui la vita perde in umanità e s’impoverisce perdendo la memoria del passato.
La Bibbia ci viene in aiuto: le storie dei patriarchi sanno essere molto eloquenti.
L’esperienza di Mosè al roveto ardente: Dio si presenta legando il suo nome a quello dei vecchi – “Io sono il Dio di tuo padre, di Abramo, di Isacco e di Giacobbe”(Es. 3,6)
In queste persone risiede la garanzia della fede di Israele e garantiscono la legittimità della stessa tradizione. Al giovane viene donato – Dio – sempre e solamente dai padri, cioè dagli anziani del popolo. E’ l’anziano che trasmette quanto ha ricevuto e delinea il presente delle giovani generazioni il nostro mondo inneggia all’eterna giovinezza e nasconde il naturale scorrere dell’età e della ricchezza, la Bibbia ci consegna un messaggio he dovrebbe far molto riflettere.
Un vecchio melo non produce vecchie mele, ma sempre nuove e buone. Il sapere che lungo il cammino in montagna possiamo trovare sorgenti d’acqua per attingere nella nostra arsura, ci rassicura e ci offre nuova energia per proseguire il cammino. Così l’anziano per le nuove generazioni è una sorgente d’acqua a cui attingere in modo gratuito.
L’anziano può vantare una dote che si acquista soltanto col passare degli anni e che può regalare, può aiutare il giovane a guardare il mondo con un nuovo atteggiamento e a cogliere l’essenzialità della vita spesso abbruttita da una mentalità utilitaristica e superficiale.
E’ un buon narratore di storie, portavoce di un patrimonio umano ed forte di esperienze che conduce a capire i vari traguardi raggiunti nel tempo e non caduti dal cielo, come ad es. la valorizzazione delle donne e il benessere economico. Dobbiamo ricordare sempre che la famiglia è il luogo della – generatività – delle generazioni. Dobbiamo altresì tenere conto dei mutamenti avvenuti nel tempo, ed evitare di giudicare ciò che ci appare incomprensibile e lontano.
Spesso avviene che nella particolare relazione nonno e nipote si costruiscono determinati significati umano – affettivo che sono determinanti nel bambino, così accade che si ridimensionino la visione della vita e si colga la bellezza della solidarietà.
DUE ESPERIENZE:
Prendi in casa uno studente e Arrivano i nonni. Sono due esperienze che permettono agli anziani di non rimanere soli nella loro casa e la seconda permette ai bambini di trovare una persona anziana, diversa dal genitore e dall’insegnante per consegnare le proprie difficoltà.
E’ un arricchimento per entrambi, in quanto gli anziani si confrontano con i giovani e le loro esigenze e capacità, e, i bambini imparano nuovi giuochi e sono aiutati a costruire attraverso attività manuali oggetti ora caduti in disuso.
L’anziano qui si presente come un datore di servizi educativi, dobbiamo correggere la rappresentazione negativa della vecchiaia.
Dobbiamo invece aiutare gli anziani a cogliere il valore della loro età, apprezzandone le risorse dell’esperienza e sconfiggendo la tentazione del rifiuto e della inutilità. La migrazione dialogica ed affettiva tra le generazioni rappresenta la strada sicura per rendere più vera la presenza dell’uomo nella storia scritta giorno dopo giorno. Pag. 76
Leggere il Vangelo di Luca 2, 33- 38.
Due anziani al Tempio, una fede trasmessa con coraggio.

CAPITOLO QUARTO.

(Voi stessi date loro da mangiare).

La famiglia è solidarietà concreta.


Giusi ha 31 anni, è passata dall’araldinato all’OFS e ha maturato la scelta di vivere il senso del dovere verso i fratelli vicini e quelli più distanti. Nel periodo della formazione è stata invitata ad un servizio in una casa dove venivano accolte le mogli e le madri di carcerati. Qui ha trovato Salvatore, un bambino, si è subito accorta della sua situazione e a cercato di stargli più vicino possibile. Dopo anni lo ha trovato giovane in carcere, non lo ha abbandonato, ma lo ha abbracciato come quando lo aveva incontrato bambino.
Sappiamo che la parola famiglia significa: insieme dei servitori, nell’antica Roma era un nucleo di persone (unito da legami parentali) che portavano avanti la conduzione della – DOMUS -.
 Col Cristianesimo essa si trasformerà in luogo di servizio, nativo e strutturale, come comunicazione di – solidarietà – dal latino - solidus – solido e compatto, su basi stabili.
Nella formula nuziale sono fortemente impressi i valori della stabilità (fedele sempre), della perseveranza (nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia) e della concretezza (tutti i giorni).  A questo punto il sacerdote chiede la benedizione di Dio perché gli sposi rimangano saldi nella fede e nella obbedienza alla legge del Vangelo, per dare buona testimonianza al mondo. La presenza di questi stabili valori, permetterà agli sposi di sentirsi missionari in famiglia e nel mondo. L’umanità per somigliare a Dio deve essere una coppia di due persone, maschio e femmina, che si muovono l’una verso l’altra. E’ il muoversi, un incedere reciproco ed armonico di
una persona verso l’altra, grazie al quale consapevolmente si vive il proprio stato di grazia e di armonia con tutti.
Significa vivere responsabilmente il proprio tempo nella fedeltà, nella solidarietà per essere credibili collaboratori di Dio. Farsi solidali significa abbracciare il sacrificio, spogliarsi e rinunciare a qualcosa di nostro. Per es. il tempo o il denaro per metterlo a disposizione di altri nel bisogno.
Anche Gesù si è spogliato per assumere la piena solidarietà con l’uomo.
Tale atteggiamento ha pieno valore in seno alla famiglia. Questa solidarietà, impressa nell’uomo, ha valore solo con una fattiva solo con un si libero e cosciente. Solo in questo modo è permesso a Dio di entrare nel luogo della vita di coppia, e solo così si permetterà allo Spirito Santo di suscitare nella famiglia la forza di produrre solidarietà all’interno e fuori di essa.
La vita frenetica non permette oggi alla famiglia di praticare la solidarietà, essa si sente disorientata.
A volta la mancanza di dialogo costruttivo, dando spazio a un rassegnato stile di vita.
Mantenere solo un rapporto di ruolo, dove decide uno solo e gli altri non sono considerati.
L’autoricarica, il lasciar correre, il fingere di non vedere problemi presenti in famiglia, scoppiare in scenate che rompono i rapporti e il non cercare chiarimenti.
L’egoismo, come pretesto di libertà, conservare abitudini particolari, - non faccio male a nessuno -, così si vive l’indifferenza nella vita di famiglia.
L’ottusità o chiusura, che è mancanza di spirito solidale, - è inutile darsi da fare -, intanto il mondo è fatto così e non cambia. Dove vige l’originalità nell’amore s’incontra pure la conflittualità. Questa situazione è provocata da un totale assenza di comunicazione, il non andare verso l’altro, per – riempire – con azioni valide lo spazio vuoto della vita dell’altro.
Quando tra i coniugi non c’è questo atteggiamento di gratuità, è difficile trovare in essa e fuori la forza della solidarietà.
L’ascolto reciproco e la comunicazione sincera, l’attenzione ai messaggi d’aiuto dell’altro, la capacità di assumersi ognuno le proprie responsabilità, permettono di costruire una famiglia feconda, con gesti concreti nel privato che nel sociale.
Quando si dona il proprio tempo e parte delle proprie risorse, a chi è nel bisogno più che impoverire, arricchisce la famiglia di una dimensione ecclesiale di salvezza.
Leggere il Vangelo di Marco 6,41-42. I cinque pani e due pesci.
Qui si legge nella liturgia del rito, la liturgia quotidiana della vita familiare.


CAPITOLO QUINTO:

La famiglia speranza e futuro.

“Si avvicinò e camminava con loro”.


Una giovane del gruppo della Gifra (gioventù francescana) di 27 anni ha a cuore la cura delle persone che ha intorno. Questo amore lo ha scoperto nel suo camminare tra la gioventù francescana, essa è sicura che i giovani siano sempre pronti a mettersi in discussione per ben fare, la responsabilità è la loro occupazione, perché pensano al
domani. Questa responsabilità, dice lei, è data dalla possibilità di qualche sbaglio, che molto spesso i genitori cercano d’impedire ai loro figli. Gli adulti, per i giovani, sono una sorgente dove attingere insegnamenti. Sono depositari di valori irrinunciabili che rendono l’uomo libero.
I discepoli di Emmaus. L’uomo è una creatura sempre in cammino, sempre in ricerca di risposte ai continui dubbi e incertezze della vita.
questo atteggiamento lo si riscontra nella prima giovinezza.
Il giovane vive periodi esistenziali, dove domande si susseguono ed è in ricerca di nuove strade che favoriscano il processo di allontanamento dal parentado.
In questo periodo, la famiglia, ha un compito formativo importante. La famiglia è capace di farsi prossima e prendersi cura dell’altro, che indica i riferimenti necessari per percorrere la strada, dove il giovane può acquistare quelle competenze affettive che favoriscano la crescita umana.
Ogni nascita diventa appello a chi l’ha generato, per crescere libera e responsabile, perché nessuno chiede di venire al mondo. Oggi la famiglia educa ancora?
La CRISI della paternità. Ci si domanda cosa sia accaduto ai nostri giovani da un po’ di tempo, li vediamo spesso irresponsabili e indifferenti al sacrificio. Certamente c’è stato in una categoria di adulti l’incapacità di educare. Possiamo riconoscere errato l’accusa degli adulti verso i giovani per comprendere le cause del disorientamento e del disagio giovanile.
Quando ai giovani viene fatta una buona proposta, forte e decisa e vera, essi sono pronti a coinvolgersi. Perciò la domanda giusta è questa: cosa è accaduto a noi adulti?
Si riconosce una mancanza di proposte forti, e se le facciamo sono spesso per gli altri, mai per noi stessi, e spesse volte siamo noi i primi a non crederci. E’ importante ricordare che: si educa bene con quel che si dice, si educa meglio con quel che si fa, ed ancor meglio con quello che si è.
Per essere educatori è importante prima educare se stessi a credere nel proprio ruolo.
In ogni azione educativa troviamo, un adulto, un giovane e una serie di proposte che devono essere verificate dal giovane con l’esperienza.
L’educazione nasce dal rapporto con le generazioni, specie in famiglia, dove i figli hanno bisogno di sperimentare quotidianamente quello che viene trasmesso.
L’autorità dell’adulto diventa vera quando si fa crescere la persona attraverso lo stile del proprio essere con valori umani e cristiani.
I figli osservano i genitori e vogliono scoprire se essi si appassionano alla vita, se è una cosa seria e ne vogliono capire il senso. Se manca in essi l’entusiasmo della vita, non potranno mai insegnarla ai figli. I figli ancora osservano lo sforzo quotidiano che i genitori impiegano per maturare come coppia ed educatori, anche la complicità della difficoltà educativa. I figli sono disposti a seguire i genitori, quando questi lo sanno essere e sanno indicare la strada. questa poi, non deve essere una imposizione, non si può derubare una persona della propria scelta di vita, anche se incapace ancora di difenderla.
I giovani hanno bisogni di buoni maestri di vita che sappiano insegnare il difficile ed anche entusiasmante mestiere del vivere.
Insegnare è mettere l’entusiasmo del vivere, solo così il giovane scoprirà la forza nell’aderire al vero cammino di vita il desiderio infinito del cuore per proteggere il futuro rinnovando la speranza, che è la motrice dell’impegno.
Leggendo i Discepoli di Emmaus, scopriamo l’entusiasmo del loro cammino nell’aver saputo riconoscere nel Maestro il maestro vero che si fa ascoltare e dice quello che ha saputo fare di persona.

Loro lo riconoscono nello SPEZZARE il PANE. Ma a questo sono giunti dopo un attento ascolto.

DAVANTI A TE, SIGNORE
DAVANTI A TE, SIGNORE

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per un buon cammino..